Fai schifo, papà.

c'era una volta,
in un paese lontano, ma che potrebbe essere quello di chiunque una bambina che cresceva sola con la sua mamma.
Il suo papà, tossicodipendente, se n'era andato lasciandole sole, con i debiti da pagare e lasciando la piccola con mille dubbi su sé stessa e su quali fossero le terribili colpe di cui si fosse macchiata per meritarsi tutta quella solitudine.
Gli anni passavano, i dubbi lasciavano posto alla consapevolezza che l'età porta con sé di chi avesse davvero colpe e quali fossero. In tutto quel tempo , quindici anni per l'esattezza, non era sparito solo il papà, ma un intero ramo della famiglia: mai un augurio di buon compleanno, di natale, nemmeno una semplice telefonata. Quella parte di vita era scomparsa senza lasciare traccia. Stava a 500km da lei anche se la distanza percepita era molta di più. 
Si sa che il tempo lenisce molte ferite e che l'amore, spesso, è in grado di superare i più grandi ostacoli e una bella sera di febbraio il cellulare di lei, ormai donna, squilla "ciao sono papà". Fu dura, dura davvero sentire quelle parole. In quel frangente "papà" era solo una parola che indicava un  legame cromosomico e nulla più. Fu ancora più dura decidere di perdonare, ma perdonare sul serio. Quel tipo di perdono per il quale accetti tutto l'accaduto nella sua totalità e volti pagina, senza rivangare ciò che è stato.
Bisognava creare un "papà" da zero, insegnargli che bevi il caffè amaro, che hai frequentato il liceo, che stai per sposarti, che lavoro fai, impegnarsi ogni giorno a sentirsi, a rendersi partecipi l'un l'altro delle reciproche esistenze. 
Nel frattempo stava per arrivare anche un fratellino, un'altra piccola creatura che avrebbe cancellato per sempre la solitudine da quella bambina. Male che potesse andare loro sarebbero stati per sempre fratello e sorella. Sarebbero sempre stati l'uno per l'altra.
La vita è un po' carota e un po' bastone e quindi appena sembrava essere tutto perfetto ecco che papà si ammala e inizia il calvario della lotta al cancro: le terapie (fuori sede perché il tumore è raro), l'intervento, la radio e tutte le conseguenze che questa malattia comporta. La consapevolezza di avercela fatta.
Questa sembra la storia della vita che decide, nonostante tutto, di darti un'altra chance: una figlia ritrovata, un figlio e una famiglia nuova, la salute ritrovata, un nuovo lavoro e un nuovo inizio.
allora io mi chiedo, da figlia: perché?
Perché nonostante tutto questo questo stai buttando di nuovo via tutto?
Ti siedi davanti a me, mi guardi e menti. Menti su tutto. Sul lavoro che hai perso, su gli amici che ti hanno sorretto e aiutato a ripartire e che hai tradito come il peggiore dei vili, sull'amante che hai da mesi e che tua moglie ha scoperto, su come hai gestito il rapporto con la tua prima figlia. Menti. Menti di nuovo e lo fai senza vergogna, guardandomi negli occhi. Come se mi fosse dovuto ascoltare le tue cretinate, infondo sei il mio papà.
Cos'altro mi vuoi portare via? Non ti è bastato rovinare la mia vita e quella di mia madre? Non ti è bastato trasformarmi il cuore nella lastra di marmo che è oggi? Far crescere in me la paura di non esser mai abbastanza? Di non essere all'altezza? la paura di un altro abbandono?
Adesso vuoi prenderti tutto questo anche da mio fratello? Vuoi portarmi via anche lui rovinando tutto?
Ti guardo, so che stai mentendo, e mi fai schifo.
Ripenso a quando ho seppellito il mio grande amore per lo stesso male che hai avuto tu. Penso a quanto abbia disperatamente lottato per godersi quegli ultimi quattro mesi di vita. Penso che un ragazzo di diciotto anni meritasse un'altra possibilità che non ha avuto.
Ti riguardo e ho ribrezzo. Non hai nemmeno capito che fortuna hai avuto, fortuna che stai di nuovo buttando via, senza nessun riguardo, come se non valesse niente.
Perché non sei capace di essere felice?
Il pensiero che la mela non cade mai lontano dall'albero mi terrorizza, non voglio essere come te: eternamente infelice e insoddisfatta. Non voglio costruire una vita di bugie ed apparenze. Non voglio condividere il mio tempo con te e la tua famiglia ( per quanto mi riguarda di nonna me ne è rimasta solo una) che ti ha insegnato che è meglio nascondere la polvere sotto al tappeto e far vedere a chi sta intorno che la tua casa è bellissima, piuttosto che insegnarti il rispetto e l'onestà.
Mi viene da vomitare.

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